Trent’anni fa, in agosto, il professor Francesco Bignardi lasciava la BNL dove era stato chiamato a “mettere ordine” e rilanciarla dopo le vicende P2 che ne avevano decapitato i vertici, a cominciare dal direttore generale Alberto Ferrari. Ci riuscì con l’intelligenza razionale del matematico ( i numeri erano la sua scienza), l’esperienza dura di due anni alla guida del Banco di Sicilia, una instancabile capacità di lavoro, la chiarezza e fermezza nelle decisioni, la semplicità nei rapporti umani (una volta, entrato nel suo studio dove era solito scrivere da solo a macchina le cose d’ufficio, non volendo sedermi per rispetto, mi intimò “o si accomoda lei o mi alzo io e parliamo in piedi tutti e due”),
Mi chiamava Trap e il 12 agosto 1987, poco prima di lasciare via Veneto, rispose così ad un mio biglietto di saluto: “Caro Trap,…sono stato, o meglio ho cercato di essere, uno di buona volontà, per suscitare con l’esempio altre buone volontà e indirizzarle verso cose giuste. E adesso non parliamone più e andiamo da Doney…con riserva di ricambio a Ronciglione” (il mio paese).
Andai, Cantuti mi introdusse e uscii con lui, che volle raccontarmi una cosa che anni prima l’aveva fatto soffrire. “ A futura memoria”, mi disse.
Renzo Trappolini.